CORTE COSTITUZIONALE : LEGITTIMA L’AUTOMATICA ASSEGNAZIONE DEL COGNOME PATERNO AL FIGLIO ?
Con ordinanza del 19.10.2019, il Tribunale di Bolzano – II Sezione Civile – ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 262 c.c. nella parte in cui non consente ai genitori di assegnare al figlio riconosciuto, nato fuori dal matrimonio, il cognome della sola madre, nonostante l’accordo di entrambi i genitori in tal senso.
Come si evince da un comunicato dell’Ufficio Stampa della Corte Costituzionale datato 14.01.2021, il Giudice delle Leggi ha ritenuto di affrontare il problema alla radice, per cui ha sollevato questione di legittimità dinanzi a se stessa dello stesso art. 262 c.c., ma nella parte in cui prevede come regola generale l’assegnazione del cognome paterno al figlio; una questione ritenuta pregiudiziale rispetto a quella sollevata dal Tribunale di Bolzano.
I precedenti. Si tratta di una presa di posizione importante, che si pone sulla scia di un’evoluzione Giurisprudenziale inaugurata nel 2014, con la pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo (sentenza Cusan Fazzo contro Italia, del 7 gennaio 2014).
In quel caso la Corte di Strasburgo ha affermato che l’impossibilità di attribuire il cognome materno al figlio, in luogo di quello paterno, risulta in contrasto con la CEDU, e, in particolare, con gli articoli 8 e 14, rispettivamente sul divieto di discriminazione e sul rispetto della vita privata e familiare. Ha, poi, precisato che tale lacuna non può essere compensata dalla disciplina che ammette la possibilità di cambiare il cognome del minorenne previa autorizzazione amministrativa.
A seguito della pronuncia della Corte EDU, la Corte Costituzionale italiana è stata chiamata a vagliare la legittimità delle norme che non concedevano ai genitori la facoltà di assegnare al figlio il cognome materno in aggiunta di quello paterno e, con decisione n. 52 del 08/11/2016 (depositata il 21/12/2016 e pubblicata in G. U. 28/12/2016) ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale. La Consulta ha altresì invitato il legislatore ad operare un intervento organico sul tema, rendendo la normativa conforme al principio di parità e non discriminazione.
Ciononostante, dal 2016 ad oggi, la materia non è stata oggetto di alcuna riforma legislativa, sicché è stato nuovamente sollecitato il Giudice delle Leggi.
Il caso. Il Tribunale di Bolzano, infatti, alla stregua della Legislazione vigente non ha potuto accogliere la richiesta di due genitori consistente nell’attribuzione del solo cognome materno alla figlia riconosciuta, nata fuori dal matrimonio.
In particolare, due genitori non coniugati, in sede di dichiarazione di attribuzione del nome e del cognome resa all’incaricato del direttore sanitario dell’Ospedale hanno assegnato alla figlia il solo cognome materno.
La Procura della Repubblica ha proposto ricorso avverso l’atto di nascita e chiesto al Tribunale di rettificarlo in conformità al vigente assetto normativo, che, dopo la pronuncia n. 52/2016, consente al più di attribuire i due cognomi contemporaneamente.
Il Giudice relatore ha fissato udienza per la comparizione degli interessati. Il pubblico ministero ha notificato il ricorso e il decreto di fissazione udienza ai due genitori, i quali hanno insistito per l’attribuzione del cognome materno alla figlia in quanto il cognome paterno è di difficile comprensione alla prima pronuncia.
Il Tribunale, quindi, ritenuto che la normativa in vigore è ostativa all’accoglimento della richiesta dei due genitori, ma che l’impossibilità contrasta con i principi Nazionali e Sovranazionali, ha sollevato questione di legittimità dell’art. 262 c.c. nella parte in cui non consente di assegnare il solo cognome materno al figlio riconosciuto, nato fuori dal matrimonio. La norma, infatti, appare in conflitto con l’art. 2 Cost., relativamente alla tutela dell’identità personale, con l’art. 3 Cost. relativamente al riconoscimento dell’uguaglianza tra uomo e donna, e con l’art. 117 Cost. (per violazione degli articoli 8 e 14 CEDU).
Come descritto in premessa, la Corte ha ritenuto doveroso – prima di decidere sulla questione – interrogarsi circa la legittimità della regola di cui all’art. 262 c.c., in base alla quale ai figli è attribuito il cognome paterno.
Tale scelta della Consulta – volta a sopperire l’inerzia del Legislatore – potrebbe rappresentare il capolinea, almeno formale, della concezione patriarcale della famiglia, in linea con i principi di uguaglianza e parità di trattamento. I prossimi mesi saranno decisivi per la risoluzione dell’oramai non più rinviabile decisione definitiva sul tema.
.Avv. Pasquale Cardillo Cupo – Marialibera De Santis