Compatibilità 73 comma 5 e 62 n. 4
SEZIONI UNITE: L’IPOTESI DI LIEVE ENTITA’ DELLO SPACCIO DI SOSTANZE STUPEFACENTI E’ COMPATIBILE CON LA CIRCOSTANZA ATTENUANTE DEL LUCRO DI SPECIALE TENUITA’.
Con la recentissima sentenza n. 24990/2020 le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione sono intervenute a dirimere un contrasto sussistente in seno alle Sezioni Semplici della Corte, inerente l’applicabilità dell’art. 62 n. 4 c.p. alle ipotesi di reato qualificate ai sensi dell’art. 73 comma 5, D.P.R. n. 309/90.
Com’ è noto, in tema di sostanze stupefacenti l’art. 73 comma 1 D.P.R. 309/90 incrimina con la pena della reclusione da sei a venti anni le condotte relative alla cessione, alla detenzione e alla coltivazione di sostanze stupefacenti. Il successivo IV comma, poi, prevede una riduzione di pena nel caso le stesse azioni abbiano ad oggetto le cd droghe leggere.
Il V comma dell’art. 73 sanziona in modo sensibilmente inferiore le ipotesi di spaccio di sostanza stupefacente di lieve entità, stabilendo che si applichi una pena ridotta, reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da 1.032 a 10.329, ove le condotte descritte nella previsione normativa di cui al I° comma dell’art. 73 possano essere ritenute di lieve entità.
L’art. 62 n.4) c.p., invece, rientra tra le attenuanti regolate dal codice di rito e prevede una diminuzione di pena nel caso in cui si è agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità.
Ci si è chiesti se se le due disposizioni fossero compatibili o se il nucleo di cui all’art. 73 comma V D.P.R. 309/90 comprendesse già la circostanza attenuante.
Il caso
Un soggetto è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 73 comma V D.P.R. n.309/90 per aver ceduto una dose di 2,2 g. di sostanza stupefacente del tipo hashish a fronte di un corrispettivo di 10 euro.
Il difensore ha chiesto il riconoscimento della circostanza attenuante ex art. 62 n.4 c.p. tenuto conto dello scarsissimo guadagno da parte del reo.
Il giudice di prime cure e la Corte di appello hanno rigettato la tesi difensiva sul punto ritenendo l’incompatibilità della fattispecie criminosa con la circostanza attenuante. È stato, quindi, proposto ricorso per Cassazione.
La Corte, rilevando un contrasto giurisprudenziale sul tema, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, le quali hanno dato atto della sussistenza del contrasto e specificato che per rispondere alla questione occorreva risolverne una preliminare, ossia la compatibilità dell’attenuante con i reati di cui al T.U. D.P.R. 309/90.
Preliminarmente, è stato rilevato come non vi sia alcun motivo ostativo alla compatibilità tra i reati in tema di sostanze stupefacenti e la circostanza attenuante sui motivi di lucro.
Sul punto si contrapponevano due diversi orientamenti.
Secondo il primo, al cui interno erano addotte diverse giustificazioni: i reati in materia di stupefacenti non avrebbero potuto mai essere considerati di particolare entità in quanto posti a tutela della salubrità pubblica, bene collettivo costituzionalmente rilevante; l’applicabilità della circostanza attenuante ai soli delitti contro il patrimonio
Secondo altro orientamento, sussisteva la compatibilità. E così confutava le ragioni contrarie: con la previsione di cui all’art. 75 comma 5 è lo stesso legislatore a prevedere che in determinate circostanze i reati inerenti la droga possono essere di lieve entità; ritenere l’attenuante applicabile solo ai delitti contro il patrimonio è un’interpretazione contro la lettera della legge.
In seno a tale orientamento, si inserisce il dibattito sull’applicabilità della circostanza ex art. 62 n. 4 c.p. all’ipotesi di spaccio di lieve entità.
Una prima tesi negava tale possibilità in quanto il dettato delle due norme sarebbe sovrapponile, e ammetterne la coesistenza nel singolo caso avrebbe significato duplicare i benefici sulla scorta della valutazione degli stessi elementi.
Una seconda tesi risolveva la questione in modo positivo, facendo leva sulla lettera delle norme in esame, che non prevede limiti in tal senso, e sulla previsione di cui all’art. 131 bis c.p., che disciplina l’assoluzione per particolare tenuità del fatto. Tale disposizione elenca una serie di reati che non possono mai essere considerati di tenue rilevanza. Tra questi non figura l’art. 73 comma 5 D.P.R. 309/90, con la conseguenza che nel caso concreto l’episodio di spaccio di sostanza stupefacenti può essere considerato tenue.
Veniva, poi, precisato che la fattispecie attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p. contiene un elemento specializzante rispetto all’ipotesi del fatto lieve, ossia il perseguimento o il conseguimento di un lucro di speciale tenuità sicché non vi è una sovrapponibilità tra le stesse essendo possibile un’ipotesi di spaccio “lieve” attraverso cui si consegue un lucro conseguito che non sia di speciale tenuità
Le Sezioni Unite hanno aderito a quest’ultima impostazione, stabilendo il seguendo principio di diritto : ” la circostanza attenuante del lucro e dell’evento di speciale tenuità è applicabile, indipendentemente dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela, ad ogni tipo di delitto commesso per un motivo di lucro, compresi i delitti in materia di stupefacenti, ed è compatibile con la fattispecie di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. n 309 del 1990″.
Invero, questa decisione ha un impatto soltanto parziale sulla casistica. L’art. 131 bis c.p., infatti, consente l’assoluzione nei casi di particolare tenuità del fatto, come è certamente il caso di colui che cede un piccolissimo quantitativo di sostanza a terzi previo pagamento di una somma irrisoria, ovviamente laddove non ritenuto mero assuntore. Invece, la portata pratica del principio di diritto rileva nei casi in cui non ricorrano i presupposti per l’applicabilità dell’art. 131 bis c.p., ossia quando il colpevole è ritenuto un delinquente abituale secondo la definizione di cui al comma 2 dello stesso articolo.
Avv. Pasquale Cardillo Cupo – Dott.ssa Maria Libera De Santis